Proust, nella sua Recherche da alla letteratura un significato profondo dello stretto legame tra i sensi e la memoria, materia su cui oggi la neurologia sta indagando scoprendo attraverso esperimenti puramente scientifici la relazione tra questi.[1]
Una memoria individuale, di un tempo e un luogo, le cui immagini di paesaggi e persone - come noi tutti abbiamo sperimentato - affiorano improvvisamente, scaturite da un profumo, un odore particolare, un sapore inaspettato.
Orizzontale è un tempo che io vedo, vicino, lontano, lo intuisco, ne vedo il tramonto e l’alba, ma lo posso sempre immaginare e programmare.
Verticale è un tempo senza tempo, è una porzione di intervallo che noi, soggettivamente, attribuiamo a seconda di quanto abbiamo percepito in quella frazione di tempo.
I cosiddetti luoghi della memoria sono oggi più che mai strumenti preziosi per compensare un sempre crescente sradicamento storico della società e il suo conseguente stato d’angoscia circa il futuro; un passato da valorizzare, da riconsiderare attraverso tutti i sensi, per mezzo di una valorizzazione di un momento finito ma non dimenticato, che forse oggi diventa necessario se non indispensabile.
L’approccio a un luogo, ora può fare la differenza. Un turismo culturale che, oltre alla storia di quella porzione di territorio, fa sentire - verticalmente - i suoi sapori, profumi, gusti e suoni attraverso quello che oggi viene denominata tradizione è un valore che soprattutto in Italia lo si trova a distanze molto ravvicinate. Si pensi solo al fortissimo regionalismo che caratterizza e rende molto diverse terre e luoghi a un raggio di qualche chilometro. L’Italia è un paese giovane, ogni regione è molto fiera della propria storia che si riflette in usi e costumi, dialetti e tradizioni che vanno mantenuti saldi in questo contenitore della “memoria storica”. Sono luoghi unici, invidiati da tutto il resto del mondo, un insieme di diversità estese, belle, ognuna delle quali ti sorprende per la propria unicità.
La ricerca però dovrà partire da noi, dalla nostra volontà di fermarci, guardarci dentro e aprire qualche cassetto che possa contenere le sensazioni di uno spazio geografico.
Siamo ora arrivati in un’epoca in cui i sensi, alcuni, sono sottoposti a una triste omologazione.
I luoghi della memoria sono e saranno sempre ciò che ci distinguerà in quanto, noi tutti individui, siamo corpo e anima da sempre à la recherche.
[1] Vedi “Proust era un neuroscienziato”, Johnan Lehrer, Codice ed.