Parte 2.
Gli effetti del Signor Tempo
Il signor Tempo si era appisolato su una panchina del parco mentre da lontano un signore si avvicinava; aveva un trolley e una giacca a vento con qualche toppa. “Ciao, disse il signore a Tempo, sorpreso di vedere a quell’ora della sera un anziano distinto in mezzo a un parco. “Ma lo sai cosa sta succedendo là fuori?” “Certamente” rispose il signor Tempo. Era infatti da giorni che il tempo aveva cambiato senso; arrivato in profondità a tutti, reso finalmente libero da una gabbia che lo aveva intrappolato e costretto per anni, oggi, finalmente era “uscito allo scoperto” grazie a un evento che aveva come dire “risvegliato” tutti, nel bene e nel male. Non si faceva più distinzione tra le persone, erano semplicemente PERSONE; indubbiamente, cambiate sia nei modi che nelle parole. Si parlava meno infatti, perché tutti indossavano mascherine, ma ci si capiva bene lo stesso attraverso gli occhi. Ecco, forse, erano proprio questi i VERI protagonisti, testimoni di una voglia di rinascita; occhi attenti a chi o cosa li circondava, occhi senza parole, occhi che volevano tornare a sperare. Il signor Tempo lo sapeva bene che c’erano sofferenza e paura, ma sapeva anche che erano necessarie perché finalmente qualcosa cambiasse. Il suo amico del parco si era seduto e gli stava raccontando come lui non si fosse voluto assimilare al mondo esterno, come fosse finito in meno di un anno senza più nulla, a girare per la città. Ma i suoi occhi, mentre raccontava la sua vita, erano sereni, e Tempo percepiva che il suo amico aveva dentro di sé un mondo vero, sgombro da tutte quelle cose che fino ad ora avevano attratto le persone. Persone ora in difficoltà che avevano vissuto in nome di una felicità e benessere che forse, adesso, fermi, senza potere più “fare, acquistare, muovere”, erano molto più tristi di quanto avrebbero dovuto essere. Si erano poi anche inventati un mondo “virtuale”, come dire “contemporaneo” a quello convenzionale, dove ci si poteva parlare, mandare immagini e filmati…ma ora si lamentavano per non avere usato tutti i cinque sensi, toccato, abbracciato tutto il vero, il tangibile che PRIMA, senza che se ne accorgessero, li faceva sentire vivi. Il signor Tempo non capiva il motivo, ma il fatto era che tutti lo rimpiangevano. Senza potere uscire di casa, ora, il virtuale, la tecnologia, erano l’unico strumento per ricordarsi di ciò che prima avevano dato per scontato: la bellezza, quella reale, vera. Ora, la bellezza stava nel fare diventare le cose piccole grandi e le grandi piccole, ad esempio una musica vera che proveniva da chissà dove suonata “live” da chissà chi, assumeva una bellezza tale da fare scomparire i grandi concerti. La primavera era prossima, e vedere piccole piante e fiori che iniziavano a sbocciare con mille colori, dava un senso di speranza, di continuità di una vita che al momento sembrava essere in pausa, sospesa. Si era tutti come le piante durante il solstizio invernale di dicembre, ognuno nelle sue profondità, ognuno in un’oscurità, forse benevola, perché come tutti i cicli anche questo avrebbe avuto una fine e a seguire una sua stagione di rinascita. Il punto era maturare in sé la certezza che tutto ciò AVEVA UN SENSO, questo era ciò che il signor Tempo desiderava e per il quale era tornato. Lo scorrere del quotidiano era stato messo in un piccolo spazio dove due elementi regnavano sovrani, il nostro amico signor Tempo e il Vuoto, immenso, immateriale, ma esistente. Ora, anche Lui era riconosciuto perché il Suo riempimento era divenuto soggettivo e non più dettato dall’esterno; ognuno era “costretto” alla Sua presenza e come sempre c’era chi lo apprezzava ma anche chi lo temeva, molto. Il fare, in breve, si era trasformato in ascoltare, in capire che forse questa poteva essere una grande occasione per se stessi, per udire quei sensi, quelle vibrazioni profonde che solo l’intelletto umano può discernere e comprendere.
Il dono di un Tempo che di certo non è quello dell’orologio ma quello di un equilibrio diremo “celeste”, invisibile, superiore.
Elena Croci